mercoledì 25 gennaio 2012

The Infinite: Robert Kirkman Vs. Rob Liefeld

I due Rob, come li ricorderemo.
Seconda guest star qui da B&DV Roberto Cirincione, nerd di razza, appassionato di fumetto americano, cinema d'azione, donne con le tette grosse.  Ma bando alle ciance, nel suo primo articolo per il nostro Blog Cirincione ci mette al corrente di un conflitto titanico, Rob Liefeld, contestatissimo disegnatore marvel, DC e fondatore dell'image, contro l'astro nascente della sceneggiatura americana, Robert Kirkman. Che le botte abbiamo inizio!

E’ più forte Rob Liefeld o quel panzone di Kirkman? Questo il quesito che, da qualche giorno, attanaglia i nerd di tutto il mondo, o almeno quella fetta di lettori che ama i fumetti più introspettivi e profondi, del tutto privi di sfondi ma altresì zeppi di esplosioni e denti digrignati (chiara metafora della deflagrante condizione di solitudine in cui versa la razza umana e del perenne conflitto interiore che anima le nostre esistenze).
Ma andiamo con ordine: Robert Kirkman, uno degli sceneggiatori  a stelle e strisce più talentuosi della sua generazione, creatore di alcuni dei fumetti indipendenti più apprezzati dell’ultima decade, come The Walking Dead e Invincible, è sin dalla sua pacciocosa adolescenza un Image zombie.
Non solo lo stesso Kirkman lo ha ribadito più volte nel corso sue interviste, ma lo ha anche dimostrato con i fatti, risvegliando dal torpore fumettistico un certo Todd McFarlane (realizzando, assieme all’autore canadese, la serie Haunt, che ha l’indubbio merito di aver riportato al fumetto seriale il mai domo Greg Capullo), e prendendosi la briga di sceneggiare il crossover del secolo, quell’Image United mai portato a termine dai fondatori Image.
Ma Kirman non era ancora soddisfatto: come un provetto autore Image dei bei tempi anni andati, Kirkman non ha mai perso l’occasione per snocciolare tutto il suo rancore verso le due major - a ragione o meno, questo non ci interessa -, la Marvel e la DC Comics, fino a quando non è stato insignato dagli altri fondatori di un titolo coniato apposta per lui: quello di Image Partener. Con gli stessi privilegi, e lo stesso potere decisionale dei quattro fondatori Image rimasti sempre fedeli (o quasi) alla loro causa (Erik Larsen, Todd McFarlane, Jim Valentino e Marc Silvestri), Kirkman ha dato vita alla sua etichetta personale, la Skybound, cercando di coronare l’ultimo dei suoi sogni.

Realizzare una nuova sfavillante serie creator owned con il suo idolo di sempre.
Robert Liefeld.

Gli haters più incalliti hanno da subito guardato con un certo disfattismo l’avvento di The Infinite, serie supereroistica dalle forte venature action e fantascientifiche (fiero manifesto dei topos più classici della narrativia liefeldiana, come i viaggi nel tempo, le armature colossali e le armi di plastica), realizzata per l’appunto da Robert Kirkman ai testi e Rob Liefeld alle matite. La cosa più spassosa è che il tempo ha dato ragione agli haters, ma per i motivi più imprevedibili, roba che neanche i Maya dopo un festino a base di ecstasy e sacrifici umani avrebbero poutto predire.

Kirkman ha infatti rigettato le tavole definitive del quinto numero di The Infinite, bloccando l’uscita dell’albo in questione per più di un mese, perché...
T R O P P O   P O C O   A L L A   L I E F E L D.

Esatto. Roba da non crederci: quello che è, a tutti gli effetti, uno dei disegnatori americani più amati ed odiati allo stesso tempo, ha visto le sue robe bocciate perché, per una volta, ha cercato di valorizzarle, affidandole ad un nuovo valente inchiostratore.
Ma, ancora una volta, procediamo con ordine. Qualche anno fa, la Marvel ha ripubblicato alcuni dei più celebri lavori di Liefeld nel presitigioso formato degli hardcovers, volumi dalla grande foliazione con cui Sylvester Stallone è solito allenare i tricipiti. Liefeld, nonostante tutto, è uno di noi, un nerd all’ultimo stadio che alla vista dei nuovi volumoni - con il suo nome impresso sulla costina - si è esaltato come pochi ed è rinato, trovando una nuova ragione di vita: tornare regolarmente al tavolo da disegno realizzando nuove profiliche run, in modo da poter riempire le librerie di casa con una moltidutine di nuovi volumazzi, tutti marchiati con il suo nome.
Liefeld ha quindi preso le redini di Deadpool Corps firmando una lunga run di dodici numeri, senza, contro ogni pronostico, mai bucare una consegna; poi, quasi contemporanemante, ha accettato la sfida di The Infinite ed è stato scelto dall’amico Jim Lee per essere uno degli autori del rilancio DC Comics, realizzando dapprima le matite, e poi anche i testi, di Hawnk & Dove (che ha rappresentato un po’ la chiusura del cerchio per il buon Rob, essendo il primo fumetto da lui realizzato in assoluto); in tempi più recenti e in barba alla fine del mondo, Liefeld ha annunciato il rilancio per il 2012 della Extreme Comics (esaltando i suoi fan, e spingendo al suicidio qualche detrattore), la sua etichetta personale, a cui ha fatto da apri pista il primo numero di Prophet (che poi è il #21, perché le nuove serie di Rob riprendono tutte le vecchie numerazioni), uscito mercoledì scorso negli store USA e in formato digitale; inoltre, dopo l’annunciata chiusura di Hawk & Dove, Liefeld ha iniziato a lavorare a tre nuove serie per la DC, due in veste di soggettista e co-sceneggiatore, Hawkman e Grifter, ed una, Deathstroke (personaggio da cui Liefeld prese l'ispirazione per Deadpool, una delle sue crezioni più celebri ed amate), come autore completo.
Nonostante i molteplici impegni, Liefeld non ha perso ancora un colpo e, a prescindere dalla qualità dei suoi lavori, sta comunque riuscendo a curare almeno due serie al mese, proprio come i suoi idoli del passato. E per farlo Rob ha utilizzato alcune delle tecniche più abusate tra gli artisti più profilici, come scrivere i soggetti dei suoi fumetti in chiesa (lo testimoniano alcuni suoi tweets risalenti alla scorsa estate) o chinare i propri albi in macchina.
Qualcosa, però, deve essere andato storto nel bel mezzo del processo creativo.
Intenzionalmente, o per mera mancanza di tempo, per il numero #5 di The Infinite Liefeld ha realizzato unicamente 6 tavole, limitandosi a disegnare dei layouts per le restanti 14, che sono state poi completate e chinate da un nuovo inker, un certo M.A.C.
La cosa ha mandato su tutte le furie Kirkman, apparentemente non per la qualità delle tavole in sé, ma perché, essendo un grande estimatore di Liefeld, Kirkman voleva a tutti i costi che il loro albo edito dalla sua etichetta, la Skybound, apparisse e fosse in tutto e per tutto alla Liefeld. Senza nessuna, fottuta, contaminazione. La vicenda è esplosa solo negli ultimi giorni e ad esporsi in mertio è stato unicamente Liefeld, dapprima tramite Twitter e poi intervenendo più nel dettaglio sul suo forum, pubblicando le seguenti immagini, e svelando qualche retroscena non proprio piacevole (tutti raccolti in questo esaustivo articolo pubblicato da Bleending Cool).




Come potete vedere, il risultato finale delle tavole in questione non era per niente sgradevole, anzi, avevano un look alla John Bryne niente male.
Chi scrive, non ha intenzione di puntare il suo fucilazzo di plastica nè su Kirman nè su Liefeld, tutt’altro, il mio pensiero è che entrambi gli autori abbiano perso la partita, probabilmente per il troppo orgoglio.

Kirkman avrà avuto le sue ragioni per alterarsi, visto che Liefeld gli ha comunque cambiato le carte in tavola, ma Rob Liefeld, d’altro canto, ha sempre scelto i suoi collaboratori personalmente, da tempi ormai immemori, e questo vale sia per gli inker che per i coloristi.
Se Liefeld era davvero soddisfatto del suo lavoro (e non nascondeva un secondo fine, come trovare un pretesto per andarsene e lavorare unicamente per la DC e la sua Extreme Comics), Kirkman poteva anche procedere alla pubblicazione del quinto albo di The Infinite (in fondo, un fill in con un altro autore, o un autore di supporto, è prassi comune per mantenere la serialità), evitanto di lasciare i fan in asso per quasi due mesi (The Infinite #5 era prevesto per Dicembre), e chiedendo all’amico di tornare a fare tutto da solo o quasi nei numeri successivi (sin dai primi numeri di The Infinite, Liefeld è stato affiancato da dei collaboratori alle chine) e, magari, di rifare ‘ste famigerate 14 tavole del #5 numero in vista del futuro hardcover. Che, ormai, rischia di giungere sul mercato incompleto, senza chiudere il primo arco narrativo. Infrandendo i sogni più bagnati di Liefeld. E dello stesso Kirkman che, nel corso dell’estate, predicava che con The Infinite avrebbe contribuito a dare alla luce la più lunga run di Rob Liefeld di sempre (che  a dimagrire e diventare come Batman faceva prima, ‘nsomma).

The Infinite, invece, chiuderà mestamente i battenti, ufficialmente per divergenze creative, regalando ai posteri un nuovo litigio sotto l’incazzoso vessillo Image.

A questo punto, anche il completamento della già citata miniserie Image United è in forte dubbio, non tanto perché il quarto numero (di sei) è in ritardo da più di un anno, eh, quest so' inezie (all’Image ne hanno sempre promesso il completamento; ciò significia che almeno i vostri figli ne potranno leggere l’epilogo), ma proprio per questa recente ed inaspettata rottura tra i due Rob più famosi dell’attuale Comicdom statunitense.


RC

venerdì 20 gennaio 2012

Fuori in 60 secondi


Mi spiace ma non parlerò del mio idolo personale Nick Cage in questo post, nè del metodo anticoncezionale denominato "salto della quaglia". Fuori in 60 secondi si riferisce al tempo che impiegherò per recensire ognuna delle premiere che mi sono sorbito in questi giorni. Per la prima volta da anni ho dovuto mettere in campo la mia dedizione da blogger per arrivare alla fine di quello che guardavo. Il limite di 60 secondi a recensione è dovuto, per preservare me e voi dalla noia mortale, ci penserò in chiusura a annoiarvi con banalissime constatazioni. Cronometri alla mano e... via!

House of Lies
Mi ha vividamente ricordato quello che mi ha detto la prima ragazza con cui sono andato a letto -Troppo presto!-
I protagonisti della serie sono consulenti per grandi aziende, nel primo episodio aiutano una multinazionale che sta mettendo in strada un sacco di gente a mantenere i propri bonus aziendali e a uscirne anche come dei filantropi. La cattiveria insita nel prodotto potrebbe anche funzionare se verso la fine della puntata non si intuisse una sorta di pentimento nel protagonista. Prodotto da Show Time, House of Lies vorrebbe fare la figura del ragazzaccio ironizzando sulla crisi, ma come dicevo prima... troppo presto.

Nota per Riccardo: c'è Kristen Bell nella serie e il protagonista ci informa che ha il 99% di possibilità di farsela, il che significa per noi il 99% di possibilità di vederla nuda.





Work It
Serie targata ABC, comicità che puzza di vecchio come l'armadio di casa di mia nonna, Miss Doubtfire più volgare e decisamente meno divertente. Anche qui si parla di crisi e l'unico modo che hanno i due protagonisti per trovarsi un lavoro e fingersi donne. Peccato per l'esecuzione perché lo spunto non era male.
(ho recuperato qualche secondo)










The Firm
Serie tratta da John Grisham. Non sono un grande fan amo gli scrittori popolari americani, ma Grisham proprio non mi ha mai appassionato. La prima doppia puntata arriva a conclusione senza infamia e senza lode. Mi era venuto in mente un parallelo divertente fra Grisham e Matt Damon, ma sono in ritardo quindi passiamo a...












Alcatraz
Mi ero tenuto completamente all'oscuro della trama della serie nuova serie di J.J. Abrams, la mia speranza era non crearmi aspettative per non vedermele deluse come era successo con Person of interest il finale di Lost, il finale di Alias, il finale, l'inizio e il centro di Super8. Come però spesso accade, quando si prova a non pensare a qualcosa ho iniziato invece a fantasticare parecchio. E' così che sono finito a guardare la prima puntata di Alcatraz convinto che da un momento all'altro sarebbe spuntato fuori Clint Eastwood sporco di sabbia, con un cucchiaino in mano e la smorfia da duro in faccia.
Niente di tutto questo, anzi la protagonista femminile è una cagna senza fine e la storia porta il marchio di Abrams, un mistero misterioso, che sono certo diventerà più misterioso ad ogni puntata fin quando non spunterà un orso polare parlante che faceva il secondino ad Alcatraz.



Non so se a rendermi così cinico sia la mia assidua frequentazione di Recchioni o il fatto che sto divorando il romanzo di Ernest Cline Player One, ma non vedo difronte a noi uno splendente futuro dell'intrattenimento. La crisi del cinema americano si sta espandendo alla televisione che ottiene sempre più soldi, ma perde la capacità di arrangiarsi con uno studio di posa e quattro attori. Penso che le carenze più gravi siano in una scrittura ossessionata a tal punto dai successi degli anni 80-90 da non riuscire a trovare una propria identità e, nello stesso momento, incapace anche di ricreare quelle atmosfere, quei ritmi, quei personaggi che hanno influenzato almeno tre generazioni di nerd. Ho paura che la cultura Pop (madonna che schifo sto termine) sia così ossessionata dai suoi precedenti fasti che ora stia diventando una specie di Impero Romano. Concentrata a tal punto dalla riscoperta filologica del proprio passato da perdere di vista la produzione di cose nuove. Una flebile speranza risiede nelle invasioni barbariche, se gli americani diventano sterili ci sarà sempre qualcuno pronto a fargli le scarpe e a inserirsi prepotentemente sul mercato. Ma la caduta di un impero è lenta e comunque, per noi italiani, in questo tempo storico, non c'è nessuna speranza... siamo destinati a fare gli spettatori.


MM

giovedì 19 gennaio 2012

Le idi di Marzo e Spider-man XXX


Dopo giorni di - Michele a te che ti piace il cinema e hai pure quel blog che ci dici sempre di leggere, ma noi col cavolo che lo famo, devi vedere assolutamente le idi di marzo!- o anche - Michele, le idi di marzo è un thriller politico favoloso, uno spaccato della società moderna e del suo sistema politico corrotto che mette in luce le brutture della...- e ancora - Michele se non vedi le idi di marzo non vengo più a letto con te!- mi sono finalmente deciso a vedere il film.
Ora come potrete facilmente intuire il commento che più mi ha colpito e che mi ha fatto decidere di l'ultima pellicola di Clooney è stato senz'altro quello sullo spaccato e la società politica ecc...
Quindi mi sono rivestito in tutta fretta e sono andato a vedere il film al cinema, perché é illegare scaricare i film, anche se ormai il cinema costa un occhio e i doppiatori italiani sembrano tutti preadolescenti in piena crisi ormonale.
George Clooney ha diretto confessioni di una mente pericolosa, un bel film, good night and good luck un film bello, ma un po' lento, in amore niente regole, un film molto divertente e infine la sua ultima prova, il film di cui parla questa recensione. L'unico problema è che le idi di marzo è così noioso che a un certo punto in "sala" hanno iniziato a proiettare anche Spider-Man XXX. All'inizio il "macchinista" teneva l'audio del porno abbassato e quello del film alzato, poi Ryan Goslin ha rifatto una delle sue faccette da attore indipendente alla camera, seguita dal sorriso sornione di George e allora e stato troppo anche per il "macchinista" che ha staccato l'audio al film impegnato per farci sentire i lamenti della miglior Gwen Stacy mai apparsa sugli schermi.
Bryce Dallas Howard puppami la fava
Ormai Clooney e compagni erano un vago ricordo, mentre Spider-Man XXX diventava sempre di più una concreta realtà. I ragazzi della Vivid infatti hanno fatto davvero un bel lavoro con questa porno parody, le attrici sono perfettamente in parte e spiderman surclassa Tobey Maguire con un'espressività facciale da attore di cinema muto, anche perché poi di battute non è che ne abbia molte.
A Bryce Dallas Howard gli piacerebbe un sacco pupparmi la fava
 La scena del Bacio al contrario, con spidy appeso a testa in giù ha il suo meritato seguito. La bellissima Capri Anderson sta benissimo nella parte di MJ, le fantasie di noi nerd sono tutte la sullo schermo, tutto quello che abbiamo sempre immaginato, con anche una serie di effetti speciali da far invidia alla prima stagione di Hercules. Il film fa ridere le scene di sesso sono ben girate, le attrici clamorosamente belle e lo sceneggiatore deve essere proprio un nerd per aver scelto questo come viallain:
Electro!
I film sono finiti in contemporanea, sono tornato a casa a piedi, la visione del film mi ha fatto riflettere. Ho riflettuto sullo spaccato della società moderna, sulla politica, sulle brutture della vita e sul fatto che ho un blog e che è per questo che io e Riccardo l'abbiamo aperto. Sono arrivato davanti casa con una conclusione per le mie ansie esistenziali: più porno e meno film pseudoimpegnati del cazzo in cui non succede nulla per un ora e mezza e poi succede la cosa più scontata al mondo e poi il film finisce e tu ti senti più insoddisfatto che dopo una sega.
Gwen e Mj un sogno divenuto realtà


MM

martedì 17 gennaio 2012

Todd and the Book of Pure Evil

Mi si nota di più se posto o se non posto?
Chiedo umilmente scusa per la mia assenza prolungata da questo blog. Come ben sapete, voi assidui lettori di B&DV, il presente blog è curato e scritto a quattro mani. Due delle quali soffrono di insonnia ed hanno perciò più tempo per offrirvi bellissimi articoli (parlo ovviamente del prode Michele "MM" Monteleone).
Con la piena coscienza che probabilmente non ve ne frega nulla, passiamo oltre...


...e parliamo della serie tv canadese "Todd and the Book of Pure Evil".

Perché questa recensione abbia un senso dovrò vestire due completi, alternandoli, manco soffrissi di disturbo di doppia personalità.
Il mio armadio offre una giacca di velluto a coste arricchita da toppe sui gomiti, una camicia di flanella, pantaloni di fustagno, una paio di Clark e delle bretelle. Sono pronto
è un caso che assomigli a Dawson?

La serie è ideata da uno sceneggiatore e regista Canadese, al secolo Craig David Wallace, di cui Wikipedia e Imdb ci informano non aver fatto praticamente altro se non questa produzione. Per lo meno di conosciuto.
La serie è in realtà ispirata all'omino film, sempre dello stesso Wallace, e narra le vicissitudini di un gruppo di teen ager alle prese con un malefico libro satanico che sarà il cardine di tutte le avventure che i nostri si troveranno ad affrontare. Un teen drama, dai toni comicamente "metal", sullo sfondo del classico liceo americano (che "liceo americano" fa genere, ma il liceo è canadese... ma i canadesi sono sfigati perciò per me è americano) con un incipt tanto semplice quanto scemo. La trama del primo episodio cerca di mettere in campo tutti gli elementi che caratterizzeranno la serie, in 20 minuti. Ci riesce ma l'effetto è quello di una storia dal sapore sbrigativo, dove tutto succede troppo in fretta e troppo facilmente,  lasciando nello spettatore un sentore di pressappochismo. Inoltre l'impressione è quella che la serie sia ideata dal suo protagonista: un liceale sfigato, metallaro e brufoloso che non desidera altro che scrivere di metallari farcendo tutto con riff distorti  heavy metal. E mettendoci anche una gnocca darkettona.
Insomma, nonostante i propositi di rivedere in una chiave diversa, quella dei metallari, la vita del liceale siano buoni il risultato finale zoppica un poco.
Va anche detto che questa recensione ha come unico riferimento l'episodio pilota, che giustificherebbe alcune piccole lacune. Bisognerebbe continuare la visione per dare un giudizio definitivo...



...motivo per il quale, perdonatemi, torno al mio armadio. Vediamo, a questo giro pensò che indosserò la mia maglietta dei MetallicA, il chiodo che ho fin dal liceo, jeans neri, cinta borchiata, catene varie, polsini neri con pentacoli e stivali.
Ok, ora va fottutamente meglio.

FFFFFUUUUUUUUUUUUUUUCCCCCKKKKKKKKK

Prendete i seguenti ingredienti: Buffy, L'Armata delle Tenebre, Il Plettro del Destino, Brutal Leggend (se ve ne manca uno uscite subito da questo blog!); fatto? Ora shakerate tutto scapocciando e poi bevete tutto d'un fiato manco fosse una doppio malto al concerto dei Pantera. Ecco, vi siete appena scolati la prima puntata di Todd and the Book of Pure Evil.
Per carità, il tipo con la giacca di velluto che ha parlato prima non ha detto tutte cazzate, ma la verità è che questa versione di me gli mostra il dito medio urlando "E CHI CAZZO SE NE FREGA, SFIGATO".
Guardate questa serie con il giusto mood, sapendo che non state osservando un diamante finemente lavorato dalla HBO, e vi divertirete. Luoghi comuni sull'Heavy Metal, liceali sfigati in conflitto con i fichi, gnocche dark, satanismo e satanisti, chitarre elettriche indemoniate, tutto preso alla leggera e con la meritata e obbligatoria dose di autoironia (dico autoironia perché io sto Wallace non lo conosco ma mi ci gioco la discografia degli Iron Maiden che è un metallaro). Ho visto la prima puntata e seppur conscio di non essere di fronte a un capolavoro non vedo l'ora di vedere il resto. In America sono uscite mi pare due stagioni, che hanno anche ricevuto diversi premi.
Perciò "...it's a long way to the top if you wanna rock and roll..." ma il caro Todd promette di farcela!!!

RT

Altro da aggiungere?
Si, se non vi bastasse quanto detto sappiate che c'è lei ad aspettarvi!!!



Invece per le ragazze e Michele Monteleone, c'è lui:



lunedì 16 gennaio 2012

Lan party


Sabato sera, due Xbox, due copie di Call of Duty, una scorta di sigarette, ma soprattutto forte critica sulla sfida tra PC e Console. I presenti si scambiano qualche aneddoto su quando si facevano le Lan con dieci pc e qualcosa non funzionava. Perché, se ti avventuri nella landa deserta e inospitale di windows per giocare online, possono succedere parecchie cose spiacevoli:

1) Il portatile del tuo migliore amico non regge la grafica del gioco, tu l'avevi avvertito che doveva portare il fisso, ma lui non ti ha dato ascolto e ora tu sei costretto a "fare a turno" e non ti scaldi, non prendi il ritmo e i tuoi amici iniziano a considerarti un peso per la "squadra".
2) Attacchi tutte le prese di dieci pc, un groviglio di cavi che in confronto il nodo di gordio gli fa un baffo, e scopri che ti manca un adattatore simens... alle 2 di notte (hai iniziato a montare tutto alle otto) i ferramenta tendono a essere chiusi.
3) Erroe px001, veloce giro di forum alla ricerca del significato, nessuno ne conosce la natura, tutti sanno che il fortunato vincitore del pop-up passerà la serata a leggere una pila di Donna Moderna della madre di chi ospita la Lan.
4) Reboot del sistema, due ore di aggiornamenti windows, aggiornamento della directx, dei driver della scheda video, forcine inserite nella porta usb difettosa... ma comunque non giocherai stasera.
5) Non giochi perché l'ha deciso il Dio della schermata blu, stacci, lui ha un pc da un milione di euro e dieci hacker laureati ad Harvard che hanno come  unico scopo nella vita rompere i coglioni a un giocatore a caso una volta al giorno.
6) Il tuo amico che beve parecchio vomita sul nodo di gordio e fa saltare gli alimentatori di dieci computer tranne quello del tuo amico con il portatile, che tanto la scheda grafica non era potente abbastanza e quindi se ne stava in un angolo a giocare a solitario.

Dopo questa lista di avvenimenti, tutti plausibili e molti iscritti nella categoria "true story" (l'amico che vomita compreso), l'idea di attaccare due cavi due alla console e giocare tranquillamente online con altra gente a casa propria con il microfono alle orecchie, devo dire che attira abbastanza. Certo si rinuncia a qualche poligono in più, al vecchio e fedele muose+tastiera, alle rubriche di Donna Moderna, ma in compenso si gioca per 6 ore filate, ti godi le partite su un megaschermo da 52 pollici e non ti becchi neanche un mezzo esaurimento nervoso.
L'arretratezza delle procedure da Pc è stata palese l'altro giorno, mentre si giocava come matti a MW3 e lo si prendeva in giro per l'arretratezza della grafica, un nostro amico installava una copia del meraviglioso Battlefield3 su pc. Dopo aver autenticato la copia su internet, fatto partire l'intallazione, creato un profilo su Origin, scoperto che aveva già un profilo, richiesto una nuova password, risposto alla mail di conferma, inserito il cd2, riavviato il pc, avviata la ricerca delle partite, noi eravamo già tutti a livello 15 ci eravamo divertiti come pazzi e ci eravamo dimenticati i poligoni grossi come mattoni di MW3 per Xbox.
Mi sono sempre considerato un purista, ho sempre preferito lo wasd all'analogico, i monitor ai televisori, gli hardcore game ai casual, ma la verità e che più invecchio (ahahahah) più ho voglia di semplicità e di immediatezza.
Penso sia come la prostata per gli anziani: passi una vita a fare la gara a chi piscia più lontano, a scopare come non ci fosse un domani, a consumarti gli occhi sul porno e poi ti ritrovi a sessant'anni a desiderare solo di poterla fare senza aspettare un'ora con i calzoni alle ginocchia.

MM

venerdì 13 gennaio 2012

Star Wars la serie tv


Io e il mio socio riccardo abbiamo idee divergenti su molte cose importanti della vita, la squadra da tifare, l'orientamento sessuale (a quanto pare lui è un vero fan della fava), la giusta età per diventare adulti (lui a trent'anni ha ancora la tazza di ritorno al futuro... io a venticinque lo sto convincendo che è troppo grande e gliela posso tenere io in custodia). Comunque queste differenze si appianano quandosi parla di fede, perché tutti e due siamo concordi nell'asserire che l'unica vera fede e quella nella Forza. E anche per questo che mi permetto di prenderlo un po' per il culo all'inizio di questo articoletto, lo faccio cosciente del fatto che mi perdonerà tutto una volta visto questo breve filmato.
 Ora il tipo che parla è il signor Rick McCallum e per chi non capisse l'inglese il vecchietto qui su, in quella che ha tutta l'aria di essere una trattoria marchigiana, conferma il roumor per cui sarebbe in preproduzione una serie su star wars. Il simpatico vecchietto si spertica e ci dice che:
  1. La serie si inttolerà Underworld.
  2. La storia si ambienterà tra l'episodio III e il IV, cioè dalla caduta di Vader alla prima avventura di Luke.
  3. I protagonisti della serie saranno cacciatori di taglie, contrabbandieri e la peggior feccia della galassia, quindi tenete pronti i vostri blaster e la vostra compilation della cantina band... si va nei bassifondi della repubblica!
  4. Ora però arrivano le brutte e medio-brutte notizie: alla Lucas non vogliono la HBO, che avrebbe i soldi e la potenza mediatica, ma vorrebbe mettere troppo le mani sul tessssssoro di Giorgie, hanno però bisogno di un grande network perché per un prodotto Lucas Arts non ci si muove che per milioni di telespettatori.
  5. Il punto quattro era una notizia medio-grave. Il problema grosso e che da quanto dice McCallum gli attuali budget per le serie televisivi sono troppo bassi per la produzione di questa serie, nello specifico 5 MILIONI DI DOLLARI A PUNTATA sono TROPPO POCHI. (datemi pure del bimbominchia per le maiuscole, ma rimane un fottio di grana per una serie in pieno periodo di recessione).
Per Concludere vorrei dire che tutto questo mi genera un paio di riflessioni:
  1. Ma quanti pochi soldi ha l'america?! Negli anni novanta gli studios avrebbero assoldato un uomo con uno spazzaneve per spostare balle di denaro alla Lucas arts dopo cinque minuti dalla proposta (ipotetica) di girare un telefilm ispirato a star wars.
  2. George ci aveva già detto sta cosa degli effetti speciali che dovevano arrivare al livello della sua fantasia per girare i film perfetti... tutto questo ci ha donato lui:

Come dicevano gli americani dopo l'11 settembre ONCE AND NEVER AGAIN!
Comunque sia l'idea di una serie ambientata nel mondo di Star Wars non può che entusiasmarmi e l'ambientazione che pare abbiano scelto mi rende fiero del costume di Ian solo che tengo sotto naftalina.



MM

P.S.
Prima o poi le leviamo le decorazioni natalizie dal sito

martedì 3 gennaio 2012

Sherlock season 2


Rispetto.
Vorrei iniziare a parlarvi della prima puntata della nuova serie di Sherlock con questa parola, perché penso sia proprio ciò che distingue la fantastica produzione BBC1 dal mediocre film di Guy Ritchie di cui vi ho già parlato qui sul blog. Rispetto di chi decide di mettere le proprie mani sul lavoro di altri, in questo caso del buon Sir Arthr Conan Doyle. La serie inglese trasporta le storie di Holmes ai giorni nostri,  operazione a rischio di banalità, ma riuscitissima grazie a l mantenimento dell'equilibrio originario dei romanzi.
Sono un'amante di Holmes e come molti di questi con il tempo ho finito per affezionarmi più alla figura del detective che alle storie stesse.So che vi sembrerà un discorso folle, ma ho sempre avuto questo strano pensiero: c'è una parte di me che si è sempre raccontata questa favola, per comprendere appieno il mio discorso sarete costretti ad ascoltarla.

E' il 1890, Arthur Conan Doyle sta facendo soldi a palate con i suoi romanzi su Sherlock Holmes, la regina stessa lo fregia di un titolo di Sir, ma ad un tratto decide di scrivere della morte di Sherlock Holmes. La leggenda vuole che in un colloquio con la madre abbia detto che Holmes lo distraeva da cose più importanti. Nella mia leggenda personale invece Doyle si rende conto che il personaggio ha di gran lunga superato l'autore. Ha surclassato l'autore tanto da costringerlo a rimangiarsi quanto scritto ne "La soluzione finale", dove Sherlock muore a seguito di un duello contro Moriarty, e scrivere nel 1901 "il mastino di Baskerville" un nuovo romanzo di Holmes. Doyle ha provato a uccidere la sua stessa creatura perché l'aveva messo in ombra, ma aveva sottovalutato la forza dirompente del suo personaggio. Da allora avviene una sorta di riconciliazione, o meglio Doyle si arrende e la sua resa coincide con il suo romanzo più riuscito, il mastino di Baskerville appunto.

Considerato che credo molto nella mia versione dei fatti, in una sorta di autonomia di Sherlock dal suo stesso autore, sono uno spettatore e un lettore ostico quando si tratta del detective più famoso del mondo.
In questo senso apprezzo il rispetto che gli sceneggiatori della BBC hanno concesso all'opera di Doyle, regalandoci uno Sherlock evoluto, ma non stravolto, in grado di mantenere il suo fascino, di trascendere gli steriotipi appiccicati alla sua figura nel tempo (vedi "elementare watson" e il berrettino), ma soprattutto restituendone la carica emotiva ed eversiva. Holmes non è più il damerino inglese degli sceneggiati anni '80, nè il pagliaccio dei film di Ritchie, ma un sociopatico ad alta funzionalità (come lui stesso si descrive nella prima stagione).
Il genio... lo stai facendo sbagliato

Ora appurato che adoro questa serie e che stimo fino alle lacrime il lavoro degli autori sul personaggio, veniamo aqualche dato più tecnico.
La prima puntata riprende direttamente da dove avevamo interrotto la narrazione nella prima stagione, e sempre in continuità sono le scelte registiche. Rimangono gli sms che appaiono sullo schermo (sempre più importanti e sempre più funzionali), si apre a un respiro più ampio la regia che ormai non ha più davvero nulla a che spartire con quella televisiva (o almeno con quella di casa nostra). Campi lunghi, stretti, strettissimi, carrellate, sfocature, inquadrature da terra, attraverso aperture nei muri, insomma sembra che il regista sperimenti tutto il possibile senza essere però invasivo, lasciando che ogni cosa sia utile e funzionale alla narrazione.Ho trovato semplicemente favolosa l'immagine dei due frateli Holmes, di profilo, che guardano una famiglia piangere all'obitorio, tutti e due interrogandosi sul sentimento e su quanto esso gli sia alieno.
E' proprio attorno al sentimento però che gira tutta la storia di questo episodio. Vedremo una piccola crepa nell'armatura di Holmes, una crepa aperta da un'Irene Adler che potrebbe prendere Rachel Mcadams (che interpreta lo stesso personaggio nel film di Ritchie) e sculacciarla per essere stata tanto insulsa. LA DONNA, così la chiama Holmes, è interpretata dalla glaciale e bellissima Lara Pulver, che nella mia mente è madre e la madre gnocca di Olivia Wilde,  e nella storia, messa in piedi dai miei idoli della BBC, è una mistress, un'assetata di potere, una giocatrice senza cuore.

La madre dei miei figli... o la madre della madre, non ha importanza.

Non voglio dirvi niente più sulla trama, vorrei solo concludere dicendo che la puntata verrà amata da chi non ha mai letto scandalo in Boemia e letteralmente adorata da chi invece l'ha fatto. Infatti questi ultimi sapranno apprezzare l'infinita serie di omaggi al racconto originale, e il gusto che hanno avuto gli sceneggiatori nel sostituire a questi piccoli dettagli il loro corrispettivo moderno.

Fino all'ultimo ho sospettato la trama fosse stata complicata un po' troppo, ho temuto che per quanto stavo adorando la visione di questa prima puntata alla fine non sarei riuscito a omettere nella mia recensione questo neo alla perfezione di "A scandal in Belgravia", ma le scene finali mi hanno smentito e io ho potuto tirare un sospiro di sollievo.

Voto 9,9