venerdì 20 gennaio 2012

Fuori in 60 secondi


Mi spiace ma non parlerò del mio idolo personale Nick Cage in questo post, nè del metodo anticoncezionale denominato "salto della quaglia". Fuori in 60 secondi si riferisce al tempo che impiegherò per recensire ognuna delle premiere che mi sono sorbito in questi giorni. Per la prima volta da anni ho dovuto mettere in campo la mia dedizione da blogger per arrivare alla fine di quello che guardavo. Il limite di 60 secondi a recensione è dovuto, per preservare me e voi dalla noia mortale, ci penserò in chiusura a annoiarvi con banalissime constatazioni. Cronometri alla mano e... via!

House of Lies
Mi ha vividamente ricordato quello che mi ha detto la prima ragazza con cui sono andato a letto -Troppo presto!-
I protagonisti della serie sono consulenti per grandi aziende, nel primo episodio aiutano una multinazionale che sta mettendo in strada un sacco di gente a mantenere i propri bonus aziendali e a uscirne anche come dei filantropi. La cattiveria insita nel prodotto potrebbe anche funzionare se verso la fine della puntata non si intuisse una sorta di pentimento nel protagonista. Prodotto da Show Time, House of Lies vorrebbe fare la figura del ragazzaccio ironizzando sulla crisi, ma come dicevo prima... troppo presto.

Nota per Riccardo: c'è Kristen Bell nella serie e il protagonista ci informa che ha il 99% di possibilità di farsela, il che significa per noi il 99% di possibilità di vederla nuda.





Work It
Serie targata ABC, comicità che puzza di vecchio come l'armadio di casa di mia nonna, Miss Doubtfire più volgare e decisamente meno divertente. Anche qui si parla di crisi e l'unico modo che hanno i due protagonisti per trovarsi un lavoro e fingersi donne. Peccato per l'esecuzione perché lo spunto non era male.
(ho recuperato qualche secondo)










The Firm
Serie tratta da John Grisham. Non sono un grande fan amo gli scrittori popolari americani, ma Grisham proprio non mi ha mai appassionato. La prima doppia puntata arriva a conclusione senza infamia e senza lode. Mi era venuto in mente un parallelo divertente fra Grisham e Matt Damon, ma sono in ritardo quindi passiamo a...












Alcatraz
Mi ero tenuto completamente all'oscuro della trama della serie nuova serie di J.J. Abrams, la mia speranza era non crearmi aspettative per non vedermele deluse come era successo con Person of interest il finale di Lost, il finale di Alias, il finale, l'inizio e il centro di Super8. Come però spesso accade, quando si prova a non pensare a qualcosa ho iniziato invece a fantasticare parecchio. E' così che sono finito a guardare la prima puntata di Alcatraz convinto che da un momento all'altro sarebbe spuntato fuori Clint Eastwood sporco di sabbia, con un cucchiaino in mano e la smorfia da duro in faccia.
Niente di tutto questo, anzi la protagonista femminile è una cagna senza fine e la storia porta il marchio di Abrams, un mistero misterioso, che sono certo diventerà più misterioso ad ogni puntata fin quando non spunterà un orso polare parlante che faceva il secondino ad Alcatraz.



Non so se a rendermi così cinico sia la mia assidua frequentazione di Recchioni o il fatto che sto divorando il romanzo di Ernest Cline Player One, ma non vedo difronte a noi uno splendente futuro dell'intrattenimento. La crisi del cinema americano si sta espandendo alla televisione che ottiene sempre più soldi, ma perde la capacità di arrangiarsi con uno studio di posa e quattro attori. Penso che le carenze più gravi siano in una scrittura ossessionata a tal punto dai successi degli anni 80-90 da non riuscire a trovare una propria identità e, nello stesso momento, incapace anche di ricreare quelle atmosfere, quei ritmi, quei personaggi che hanno influenzato almeno tre generazioni di nerd. Ho paura che la cultura Pop (madonna che schifo sto termine) sia così ossessionata dai suoi precedenti fasti che ora stia diventando una specie di Impero Romano. Concentrata a tal punto dalla riscoperta filologica del proprio passato da perdere di vista la produzione di cose nuove. Una flebile speranza risiede nelle invasioni barbariche, se gli americani diventano sterili ci sarà sempre qualcuno pronto a fargli le scarpe e a inserirsi prepotentemente sul mercato. Ma la caduta di un impero è lenta e comunque, per noi italiani, in questo tempo storico, non c'è nessuna speranza... siamo destinati a fare gli spettatori.


MM

Nessun commento:

Posta un commento